I componenti  della famiglia Bera, secondo me, presentano tutte le caratteristiche dei Langhetti: originali, creativi, avventurosi e radicati profondamente nella terra, lavoratori tenaci e amanti del buon vivere, aperti alle nuove conoscenze e testimoni delle tradizioni, riservati e disponibili, ciascuno di loro contribuisce a costituire l’insieme di una famiglia forte e dinamica.

La cantina è creazione recente di questa generazione, è giovane più del più giovane dei Bera, era sogno della generazione precedente ora realizzato, da far crescere e affermare. La cura dedicata alle vigne finalmente si manifesta e conclude nella produzione dei vini (altrettanto seguiti) che a me piacciono molto, ad esempio da loro si trova il Dolcetto invecchiato straordinario e raro.

La loro cucina è buonissima, vi consiglio di sperimentarla mentre acquistate il vino!

Giovanna


Il Bosseto: la cantina della famiglia Bera

La famiglia

Il cognome Bera pare derivi dall’ inglese Bear (orso) si ha notizia di una famiglia nobile calata in Italia intorno all’ anno 1000, al seguito delle invasioni barbariche: proveniva dal nord Europa forse dalla Germania o forse dall’ Inghilterra e il suo stemma era appunto un orso, simbolo di potenza, fierezza, astuzia ma anche di crudeltà di durezza e di regalità: fino all’800 era l’orso il re degli animali. Un embrione di questa famiglia si è sviluppato nelle Langhe e noi deriviamo da esso: siamo due fratelli, due sorelle e la mamma accomunati dall’ amore per la terra, la vite e il vino.

L’azienda vitivinicola Il Bosseto

Il Bosseto

Prende il nome dal bosso, un arbusto spontaneo dell’area mediterranea, è un sempreverde con delle piccole foglie ovali lucide e profumate. Il bosso è elemento fondamentale sia dei “giardini all’italiana o giardini formali” caratterizzati da forme geometriche sia “dell’arte topiaria” che realizza figure animali o comunque ricche di particolari complessi, ottenute con sapienti potature dell’arbusto e costante cura. Un esempio tra tutti sono i giardini del castello di Boboli a Firenze, molto in piccolo ce ne sono tracce anche intorno ai castelli delle Langhe (Govone, Serralunga, Magliano Alfieri), un tempo circondava anche le vecchie chiese ed era utilizzato come siepe per delimitare gli spazi nei giardini- orti dei monasteri. L’ azienda è in effetti è collocata nello spazio dove un tempo esisteva un potente Monastero dedicato a S. Alessandro.

Il bosso è un arbusto che cresce lentamente, è paziente e tenace, qualità che noi apprezziamo e cerchiamo di fare nostre.

L’azienda

è situata tra il confine di Trezzo Tinella e Treiso ed è quasi interamente coltivata a vite. La maggior parte degli impianti sono recenti e nel predisporli abbiamo cercato di lasciare piante e arredi esistenti per rispetto verso chi ci ha preceduti e per non impoverire ulteriormente il paesaggio. Nelle vigne esistono piante di pere Madernassa, mele antiche, muriche, pesche a pasta bianca; ci sono ancora i grandi tini in cemento che servivano per miscelare il verderame con la calce e i pozzi scavati nel tufo che fornivano l’ acqua alla famiglia; ci sono alcuni muretti in pietra e la sota: un piccolo stagno dove si allevavano le carpe. Le vigne sono circondate dalle rocche, i calanchi tipici delle Langhe dove crescono querce, gaggie (robinie), olmi e pini. Il Bosseto è orientato verso una coltivazione biologica, da anni non usiamo più diserbanti e i trattamenti sono a base di verderame e zolfo per  coltivare i vitigni tipici di questa zona: Moscato, Dolcetto, Nascetta

I nostri vini: particolarità, aneddoti e ricordi.

Il Moscato

MoscatoFino a pochi anni fa non aveva la popolarità che ha adesso ma la nostra famiglia lo ha sempre coltivato: i nonni paterni provenivano da Castagnole e da Castiglione Tinella, paesi nel quali questo vitigno è sempre stato presente. Uno dei nostri ricordi da bambini è legato al succo dolcissimo che filtrava lento dai sacchi olandesi. Si cominciava a filtrare pochi giorni dopo della vendemmia, verso la fine di ottobre e più l’ uva era dolce e più il mosto aveva bisogno di essere filtrato. I sacchi olandesi si intasavano sovente e così le donne, dopo cena uscivano nell’ aria frizzante e ventosa di metà autunno e li lavavano in grandi mastelli vicino alla cisterna. Il Moscato si beveva soprattutto in estate o in occasioni particolari come quando veniva il parroco a benedire, le poche famiglie del paese che lo producevano garantivano alle due parrocchie il vino per le celebrazioni dato il basso contenuto alcolico.

L’appezzamento di vigne Moscato è stato impiantato nel 1953 con i filari stretti che a malapena ci passava un bue: non amiamo sentircelo dire ma a volte rasentiamo il masochismo, poiché tutti i lavori debbono essere svolti manualmente non essendoci abbastanza spazio – tra un filare e l’altro – per il trattore.

Ora noi produciamo vino Moscato D.O.C.G.( Denominazione di Origine Controllata Garantita)  detto a tappo raso per distinguerlo dallo spumante, e abbiamo chiamato Ambrosia quello ottenuto da un mosto di uve stramature… l’ abbiamo chiamato Ambrosia come era chiamato il nettare degli dei.

Il Dolcetto

DolcettoE’ un vitigno autoctono delle Langhe e del Monferrato, a bacca rossa e le sue D.O.C. ( Denominazione di Origine Controllata)  prendono il nome dalle zone di coltivazione, ad esempio Dolcetto d’Alba, Dolcetto di Dogliani. È un’ uva delicata, difficile, esigente sia in vigna che in cantina. Il nome è ingannevole probabilmente gli deriva dal sapore degli acini, quelli sì, dolci e zuccherini. Il Dolcetto è un vino elegante, appagante, un vino a tutto pasto. A metà del secolo scorso era il vino più apprezzato, amabile, meno impattante e corposo del Barbera. Nelle famiglie di questa zona i parti avvenivano in casa e dopo il lieto evento si festeggiava sempre con un bicchiere di Dolcetto e anzi sei il nato era un maschio che garantiva la continuazione del cognome, arrivato magari dopo una o due femmine, era lo suocero che lo offrirà alla nuora. Quando i particolari (ITALIANO?), in Primavera venivano a comprare le damigiane di Dolcetto da imbottigliare nella luna nuova di Marzo, pretendevano il pranzo a base di bollito abbondantemente accompagnato dal Dolcetto dell’annata precedente.

Il Bosseto produce un Dolcetto novello e uno invecchiato. L’uva del Dolcetto sovente ha problemi di cascola: una volta non si sprecava niente e i vendemmiatori prima di recidere Il grappolo si cautelavano usando la votazza dove far cadere gli acini che si staccavano. Ai bambini veniva comandato di ripassare il sotto-fila e salvare il poco che era rimasto: gli infelici confidavano nelle galline.

Il Nascetta

NascettaE’ un vino bianco dal un gusto minerale, era già presente su queste colline coltivata con altri vitigni a bacca bianca, , magari col Timorasso, il Malvasia, e il Livertiin così aspro che le massaie dell’alta Langa lo usavano al posto del Caglio, per anni queste uve sono state pigiate assieme così quando si è scoperta la potenzialità di questo vitigno nessuno più ricordava come si doveva vinificare.

Oggi sono pochi gli agricoltori che lo coltivano: di terra per impiantare nuovi vigneti non ce n’è più.  Ogni produttore, ora, vinifica in modi diversi: sul mercato ci sono Nascetta diverse tra di loro e questo è un valore aggiunto.

Informazioni tecniche dettagliate http://www.ilbosseto.it/

Merenda “sinoira”

Ora le Langhe sono una terra invidiata dal mondo per i vini, il tartufo, le nocciole, il paesaggio, ma fino agli anni ‘70 la realtà economica di questi paesi era ben diversa, tutte le famiglie allevavano, maiali, polli e conigli e avevano bisogno di prati e di grano. I prati si falciano soprattutto d’Estate, il grano si miete solo d’Estate e l’Estate era la stagione più faticosa, il lavoro manuale era tanto e gravoso. le persone che lavoravano nei campi sfruttavano tutte le ore di luce e per sostenersi avevano bisogno di cibo.  La “massaia” dedita a sorvegliare i bambini e le covate, a metà pomeriggio preparava il cestino e lo portava agli uomini e alle donne che sudavano nei campi. Queste “merende sinoire” erano consumate più tardi di quelle canoniche ed erano a base di cibi sostanziosi, abbondanti e facilmente reperibili.

Noi avevamo il vino Moscato e le uova, la nonna preparava uno zabaglione freddo: in una ciotola sbatteva i tuorli di 10 uova con lo zucchero, a questa crema arancione aggiungeva le chiare montate a neve e ci versava dentro una bottiglia di Moscato fresco. Ogni presente aveva diritto a una scodella nella quale intingeva le fette di pane, dopo la merenda i lavoratori riprendevano le loro mansioni fino al crepuscolo ora di cena. Ora ai clienti che vengono in Cantina riproponiamo queste merende per ospitalità, perché i vini sono legati a doppio filo ai prodotti del territorio, perché il cibo rinsalda conoscenze e rafforza i legami. I piatti sono quelli tradizionali: minestre, gnocchi, marmellate, uova in carpione, friciulin (frittelle di patate), frittate con erbe selvatiche, bagnet (salse) e bunet (budino).

Venite a trovarci, vi aspettiamo!

Marinella Bera

Le Cattedrali Sotterranee … del vino?

Ci sono cattedrali sotto gli occhi di tutti perché le loro guglie puntano al cielo, Milano, Colonia, Westminster …, e ve ne sono altre che si sviluppano sottoterra e se non te lo dicono e se poi non scendi e vi entri proprio non le vedi. Succede a Canelli nell’Astigiano, capitale dello spumante italiano da quando nel 1850 Carlo Gancia vi importò il metodo “champenoise” dalla Francia.

Recentemente ribattezzate “Cattedrali Sotterranee”, poiché presentano: navate – deambulatori – transetti e si aprono in ampie crociere proprio come le Grandi Cattedrali costruite in superficie, sono autentici capolavori di architettura realizzati in mattoni a vista dentro il tufo delle colline.

La loro spettacolare bellezza, la loro unicità e storicità, composte da gallerie, cunicoli, lunghi corridoi e ampie volte valorizzate da un sapiente gioco di luci che sottolinea il monumentale lavoro di scavo e mette in risalto, in alcuni punti, il tufo di Canelli.

Edificate con ogni probabilità a partire dal XVIII secolo come piccole cantine di conservazione, rimaneggiate e ingrandite nel corso dei secoli fino alle ristrutturazioni e alle sistemazioni moderne, si sviluppano nel sottosuolo di Canelli. Le cattedrali, 15 chilometri di gallerie che arrivano fino a 40 metri di profondità, sono state strappate al tufo per conservare i prodotti della terra, ma anche il sale e tutto quello che viaggiava sulla via per Savona e Vado Ligure, storici sbocchi al mare di Canelli che fungeva da snodo commerciale.

Il vino nel tempo ha presto preso il sopravvento su tutto, il tufo calcareo di Canelli è un prezioso alleato: duro da picconare e incredibilmente stabile, funge da perfetto isolante termico, mantenendo un’umidità costante e una temperatura tra i 12 e i 14 gradi, condizioni ideale per l’affinamento dei grandi vini. Per questo, a partire dalla seconda metà dell’800 e durante i primi anni del XX secolo, sotto la città di Canelli vennero scavati diversi chilometri di gallerie. Nelle gallerie non avveniva soltanto lo stoccaggio e l’affinamento dei vini, ma l’intero processo di vinificazione i cui resti (presse, sistemi di filtraggio, tini, botti, macchinari) sono ancora oggi visibili a tangibile ricordo di un tempo passato.

In alcune di queste Cattedrali-cantine (ricordiamo che l’oscurità durante le delicate e lunghe fasi di lavorazione protegge il vino) si producono ancora oggi i più prestigiosi Spumanti con il Metodo classico, a me è capitato durante una visita e può succedere anche a voi di vedere “il cantiniere” lavorare su ogni singola bottiglia (sono molte migliaia) alloggiata nelle “pupitres”, in sintesi le lavorazioni che si svolgono in questi ambienti:

In summary, these are the main stages that are carried out in the production of the wine:

  • le bottiglie vivono la prima fase della loro permanenza in cantina con la “presa di spuma”, quando il vino acquisisce dalla fermentazione il “perlage” e la complessità del bouquet.
  • In seguito le bottiglie vengono trasferite sulle “puprites”, i cavalletti di legno diventati il simbolo del Metodo Classico. Qui ogni giorno il cantiniere ruota di un quarto di giro ogni bottiglia e la inclina lievemente verso l’alto perché i sedimenti si depositino nel collo.
  • Il processo continua con il “degorgement” in cui viene delicatamente tolto il tappo della bottiglia per eliminare il sedimento e nell’ultima fase viene aggiunto il “liqueur d’expedition”, un dosaggio segreto di vini, zucchero di canna e altri ingredienti, che danno l’impronta di stile a ciascuno di questi spumanti.

Le “Cattedrali Sotterranee”,  per la loro bellezza e importanza, sono state riconosciute dall’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità, nell’ambito dei “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe – Roero e Monferrato”.

Vi suggerisco di sperimentare di persona la magia di questi luoghi unici e incantevoli!

Al momento sono visitabili su appuntamento:

Sito Prenotazioni
BOSCA cantine@bosca.it
CONTRATTO visite@contratto.it
GANCIA franco.ferrero@gancia.it
COPPO www.coppo.it/cantine

 

Buona visita e degustazioni!

Giovanna

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I nostri recapiti

Cascina Bricchetto Langhe
Via Naranzana 22, Trezzo Tinella (Cuneo)
Tel: +39 0173 630395
Mobile: +39 339 3932189
e-mail: info@cascinabricchetto.it
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Ogni mattina aprendo le imposte esclamo: "bellissimo il Monviso con il sole, oppure stupendo questo cielo nuvoloso, o magico il mare di nebbia, o ancora fiabesca la nevicata" e la sera nel rinchiuderle – vedendo nelle colline di fronte le luci dei paesi (Diano d'Alba, La Morra ecc.) e le luci delle case sparse nelle colline – ringrazio la buona stella che mi ha condotto fin qui, dove la bellezza ti avvolge. (Leggi tutto)

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